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Alla riscoperta delle Allegorie dei Benefattori dell’Istituto dei Ciechi di Milano

di Melissa Tondi

Il patrimonio artistico dell’Istituto dei Ciechi di Milano si configura come un’ampia raccolta di dipinti, sculture, lapidi, arredi liturgici, strumenti musicali e didattici per scrivere e leggere in braille, tutte preziose testimonianze che raccontano il mondo della disabilità visiva dal 1840 fino a oggi.

Oltre ai dipinti provenienti dall’eredità succedutesi, la quadreria dell’Ente è composta da più di duecento ritratti gratulatori di benefattori. La pratica del ritratto gratulatorio, particolarmente diffusa presso gli enti assistenziali milanesi, portò ad elaborare modalità ben definite sia nelle dimensioni delle opere che nell’esecuzione stereotipata dei soggetti ritratti. Solitamente colti seduti o a mezza figura intera, il ritratto del benefattore serviva a perpetuare, da una parte, la memoria del de cuius e dall’altra, a farne un esempio di generosità da emulare.

L’uso del ritratto allegorico nasce molto spesso dalla difficoltà del pittore di reperire un’immagine visiva del benefattore come è avvenuto nell’Allegoria in memoria di Alberico de Felber o nell’Allegoria in memoria di Pietro Merzagora; se nel primo caso il benefattore raffigurato, a destra, sotto forma di busto scultoreo collocato su un’erma davanti a due ragazze cieche costipate dal dolore, nel secondo caso compare solo un’urna sepolcrale con la scritta “A Pietro Merzagora di Giovanni da Arona morto in Torino il 1° Maggio 1866”  circondata da una corona di fiori posta da una ragazza non vedente aiutata da una Pia donna. Entrambi i benefattori, seppur per vicende personali, rientrano nella categoria dei personaggi cosiddetti “scomodi”, il primo un’esponente del moto “carbonaro”, il secondo dichiarato pazzo dalla famiglia.

Spiccano per importanza e originalità, l’Allegoria della Fondazione dell’Istituto dei Ciechi di MIlano in cui Michele Barozzi è ritratto con la divisa da funzionario austriaco insieme ai primi due allievi del convitto o l’Allegoria in memoria di Angela Sobacchi – il cieco che lavoro, una rappresentazione simbolica dell’Istituto dei Ciechi di Milano affiancata da due sezioni del volto umano e sovrastata da tre file di occhi e una colomba appena accennata, metafora del cieco che “recupera” la vista grazie all’educazione ricevuta dall’ente.

Altre tipologie di ritratti allegorici sono quelli di tipo religioso nel quale è raffigurato la parabola in cui Gesù guarisce il cieco come ad esempio l’Allegoria in memoria di Angelina Scotti Perego o l’Allegoria in memoria di Giuseppina Guggelloni.

Singolari allegorie sono l’Allegoria in memoria di Francesca de Maestri Colleoni in cui il pittore Arturo Albertazzi rappresenta una donna che si accinge a spostare le spine lungo un sentiero di montagna per far passare una bambina non vedente quale metafora delle difficoltà che la bambina non vedente dovrà affrontare lungo il corso della vita oppure L’Allegoria in memoria di Dolores Vecchiotti Ridella dove l’insegnante Dolores Vecchiotti è colta nell’intento di far leggere il “Corriere dei piccoli” a un bambino,  dipinto fortemente voluto dal marito Antonio Ridella ed eseguito dal nipote Giansisto Gasparini per sostituire il ritratto della stessa fatto da Umberto Lilloni ma poco apprezzato dal consorte.

Non ultime per particolarità, sono l’Allegoria in memoria di Spiridione Gialdi in cui è raffigurata un’edicola funebre circondata da un paesaggio fluviale lombardo individuato in Sabbioneta, luogo natale del benefattore e l’Allegoria in memoria del falegname Antonio Ratti dove per la prima volta si identifica nel piccolo ritratto di profilo una persona veramente esistita, un bambino di nome Molinari di Luino e morto a 14 anni di polmonite.

Melissa Tondi

Conservatore museale

Il percorso tematico dedicato ai quadri allegorici è stato reso possibile grazie ai finanziamenti dalla Regione Lombardia Avviso Unico Cultura Anno 2017

Committente: Istituto Dei Ciechi di Milano

Autori: Enrica Panzeri - Melissa Tondi

Crediti fotografici: Marco Rolando 

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